giovedì 19 settembre 2013

La scoperta dell'arrampicata

  
Era il 25 Aprile 1989: il muro di Berlino sarebbe caduto di lì a poco ed io, in compagnia di amici, mentre affondavo nella neve (bei tempi)  fino al bacino in quel del bivacco Sacchi in Val Nure, quasi per caso il giorno successivo avrei scoperto la solare falesia di Perino con le sue (poche) vie di allora.
Questa bella placca di arenaria che sorge direttamente dal greto del torrente omonimo ci dava la possibilità di avere un posto dove allenarci su roccia, molto agevole e non lontano da casa soprattutto!
Qui potevamo prepararci alle difficoltà che avremmo incontrato nei passaggi più estremi delle salite su roccia nelle Alpi.
Non avrei immaginato quanto questo posto, così tranquillo e piacevole avrebbe condizionato la mia attività arrampicatoria (e non solo) negli anni successivi.
La presenza di poche vie ‘chiodate’ che seguivano per la maggiore le conformazioni della roccia (pieghe e fessure) fu uno dei motivi che mi spinse ad aprirne di nuove.
Così, utilizzando un perforatore a mano nacque ‘L’importanza della geometria’ in onore al fatto che, salendo, la corda descriveva delle linee spezzate: 6 chiodi-spit per 18 metri di via richiesero la bellezza di un pomeriggio intero di lavoro!
Con ‘Aspettando Linneo’, dedicata ad un coscritto del corso roccia, aprimmo la strada alle vie in placca: era il 1990 e con Valdo, grazie ad un compressore a benzina e ad un trapano elettrico collegato con 50 metri di prolunga al compressore, pulimmo una placca di arenaria solida e ben lavorata. L’opera di pulitura-chiodatura si svolse sotto gli occhi attenti ed un poco preoccupati di mia moglie Luisa, allora mia fidanzata. Allo stremo delle forze per l’enorme lavoro di ripulitura della roccia dai rovi riuscimmo a completare la via sporchi, stanchi e laceri, ma orgogliosi del nostro capolavoro: 20 metri con difficoltà di 5b.


Nel 1991 seguirono, sempre aperte con perforatore a mano, ‘Stella del mattino’, bellissimo fessurino ad incastro di VI grado e ‘Nudi nel vento’, dedicata ad una coppia etero di naturisti scovati mentre facevano il bagno alla base della falesia così come ‘mamma li aveva fatti’: le difficoltà cominciavano ad alzarsi.

Con ‘Dove sei Peter Pan ?’, 15 metri e sei chiodi-spit, dopo cinque ore di disgaggio
certosino decisi che era tempo di abbandonare l’era del perforatore manuale per
passare ad un più moderno (e comodo) trapano a batteria: siamo nel 1993.
Le difficoltà raggiunte in arrampicata, nel frattempo, cominciavano ad alzarsi, di pari
passo con l’entusiasmo e la voglia di andare in montagna.
Complice il matrimonio e la conseguente ristrutturazione della casa, arrivò l’amato
trapano tassellatore a batteria. I nuovi impegni familiari e, soprattutto, le trasferte lavorative di allora non mi consentivano di dedicarmi all’apertura di nuove vie a Perino.

Ciononostante, pochi sanno che in quegli anni a Codogno avevamo costruito il primo muro di arrampicata alto 6 metri sulla facciata della nostra casa in Via Bassi. Siamo agli anni 2000, Daniele e Martina, i miei due figli muovono appena i primi passi ed io e Luisa ce li portiamo appresso in falesia. Dove? A Perino, naturalmente.
Ed è così che ricominciano i cantieri, il tutto con nuova chiodatura a fix-inox da 10mm, supersicura.
Nel 2003 nasce ‘Uomo del dolore’, una via-un programma, dato che venne aperta in Quaresima. Il nome della via è altresì dovuto ad un passaggio doloroso che prevede un faticoso incastro di piede e che obbliga, per così dire, il climber a qualche giaculatoria di espiazione.
Nel 2005 chiodo ‘Arizona Colt’, 16 metri di 6b+/6c, tra le vie più difficili della falesia con un passaggio chiave obbligatorio molto sfuggente: il nome della via ricorda un vecchio film western che vidi all’oratorio da ragazzino interpretato da Giuliano Gemma e che, chissà perché, in quel periodo mi balenava in testa.
Anche i figli, oramai parte attiva nelle nostre giornate arrampicatorie, vogliono la loro
gloria ed è così che nel 2006 prendono vita le vie ‘Miele per Daniele’, 15 metri di placca
appena appoggiata con chiodatura ravvicinata… ma siamo su arenaria ed i minuscoli appigli e gli sfuggenti appoggi, rendono questo 6a+ veramente impegnativo.
Poi, ‘Una Martina di Maggio’, 8 metri circa di insidiosa placca, che diventa a breve un
test-piece per i climbers che vedono questa via così breve e si vogliono cimentare ‘solo’ sul 5b, salvo poi ricredersi sulle difficoltà !!!

L’esplorazione continua: nel settore all’estrema destra del bosco, in un angolo meraviglioso della falesia nel 2007 chiodo ‘Maschio dominante’ il cui nome nasce da un equivoco sorto tra Me e Roby, quando di ritorno da un’arrampicata in Valle d’Aosta, ai piedi della via fummo circondati da un branco di presunti stambecchi tra i quali spiccava un coriaceo maschio che guidava il gruppo: il maschio dominante appunto. Peccato che fossero caproni di montagna….
Nel 2008, e siamo ai giorni nostri, sempre nel settore di destra nascono ‘Johnny torna a casa’, una delle vie più facili ed abbordabili della falesia, dedicata ad un allievo dei corsi di alpinismo che, per i suoi modi di fare e l’abbigliamento di taglio militaresco che indossava tanto mi ricordava il personaggio di Rambo reduce dal Vietnam.
Farà seguito di lì a breve ‘R.O.L.V.’, 15 metri di via che, partendo da una placca, nascondono un piccolo gioiello, un passo chiave di 5c che difficilmente si trova su roccia arenarica, tanto che pare di essere ad Arco di Trento o giù di lì. Il nome della via cela una sigla che rimanda ai giorni di permesso che si usano nelle aziende con una piccola variante.
Infine, tra le ultime vie nate, c’è spazio e fama anche alla gentile consorte che in tutti questi anni ha appoggiato e supportato (o sopportato) le mie ‘paturnie’ sull’arrampicata e sull’alpinismo in generale. Con ‘Il tetto di Luisa’, l’ultima via nata nel 2008, c’è la possibilità di cimentarsi su 12 metri di via ben protetti, che alternano un tratto in fessura ad un diedro rovescio, per passare ad un piccolo ma curioso tettino molto fotogenico e tutt’altro che banale, anche se ‘solamente’ di 5c.

A tutt’oggi la falesia di Perino conta circa 65 vie di arrampicata ed è un luogo molto adatto a muovere i primi passi nell’arrampicata sportiva e per passare una piacevole giornata in completo relax. Voglio solo ricordare di prestare sempre la massima attenzione perché l’arrampicata è di per sé un'attività potenzialmente pericolosa. L'esperienza personale è sempre insostituibile nelle valutazioni delle situazioni e nel prendere le giuste decisioni.
A tal fine si consiglia la frequentazione di uno dei corsi che il Cai organizza periodicamente nella nostra città.